Oltre la siepe.

Probabilmente… chi dice che non ci sono più le mezze stagioni non ha visto in questi giorni l’esplosione di colori delle nostre valli Pesio, Stura, Gesso, Maira o Varaita. Tra una pubblicità d’auto e una pasticca per il mal di testa, tra uno spezzone di biancoenero e uno spezzatino in alta definizione, tra una eredità e qualche lacrima, i media si riempiono la bocca di retorica ogni volta che parlano del clima. Ergono l’ultimo santone liberal-ambiental-climatologo a sentenziare pochi anni di vita alla terra e poco dopo col pacioso Professor dei cieli sereni ci rimboccano le coperte cantandoci la ninna nanna. In ogni caso dire semplicemente: “ora cadono le foglie” ….non gonfia l’audience. Ora…che la retorica non mi colga…se dico che questo pezzo d’autunno è come Dio comanda! Quindi una proposta, che  suona come una eresia: “uscite dal vostro Hortus Conclusus, dall’eden privato che faticosamente vi siete ritagliato su questo mondo e andate alla scoperta”. Per chi ama le piante non è malinconia frusciare su per qualche sentiero tra foglie rinsecchite di castagno, faggio e carpino. L’autunno è  al di là della vostra barriera di Prunus laurocerasus (lauro da siepe) e Cupressocyparis leylandii (cipresso di leyland), delle magnolie sempreverdi, dei pratini fitti e rasi, oltre i geometrici confini di proprietà sempre troppo strette. Andare per boschi adesso è quanto di meglio vi possa capitare. Certo non sarà come il primo bacio, o salire in cima al M.Viso, o vincere 50 euro al totogol, ma di sicuro in un’annata di ripetuti temporali (distruttivi), maleodoranti venti di guerra, scandali a corte e borsa che fa acqua, andare per boschi vi ridarà fiducia nella vita, serenità d’animo e sottili sensazioni di benessere. Ne abbiamo tutti bisogno e se il giardino che coltiviamo non basta usciamo e vediamo ciò che succede in natura, quella selvaggia però, ne riporteremo idee e sensazioni utili al nostro spazio verde. Lasciamo perdere i parchi cittadini, buoni per far bella la città e stimolare la digestione dopo lauti banchetti in famiglia…è ora di foreste d’ocra e pinete d’oro, che si stagliano nel blu ottobrino. Ritroveremo messere Fagus sylvatica (il faggio) che finalmente lascia passare il sole sotto i suoi rami. Nel sottobosco di faggio, solitamente anonimo arriva ora tanta luce a far esplodere la montagna dei gialli dorati. Camminare sulle sue foglie (attenti a non scivolare) risveglia l’istinto dell’esploratore e quello dell’antico cacciatore, fa emergere cose sopite da tempo, provare per credere. Saranno gli scricchiolii, la musica di un ruscello o il vento che tra i rami quasi spogli produce un verso idilliaco, ma nelle faggete potrete scoprire in voi un’insospettabile folletto dei boschi. Salendo, dalla faggeta passerete senz’altro ad un lariceto, morbido d’aghi caduti. Qui dipende dai giorni, a volte i Larix decidua sono gialli, in altri bruni e scuri, magari per il passaggio di una nuvola di pioggia, ma se la giornata promette bene e il cielo è solo blu, allora è oro puro quello su cui camminate. Rifarete il pieno alle batterie con tutta quell’energia, dovremmo considerare i boschi di larice la nostra pompa di benzina, il carburante per tutto l’inverno che verrà. Purtroppo dura poco, dieci quindici giorni se non cade la neve, e oltre i millecinquecento succede spesso, ne dovete approfittare. Il tappeto di aghi di larice e morbido e levigato, in alcuni punti, dove il vento ammassa, diventa addirittura soffice, la coperta che la natura stende e rimbocca alla montagna, prima del lungo sonno invernale.

 

autunno

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