“Una pianta col termostato”, ecco come definirei il Kaki. Attende di posare le sue foglie fino alla prima gelata, non oltre, non prima. Ingiallisce, arrossisce, ma non molla finché la colonna del mercurio non sfiora lo zero. Mica come il ciliegio che a quest’ora è già spoglio da un pezzo, ma nemmeno come il melo che il freddo non lo scompone fino a natale e oltre. Il Kaki è “tarato” per non farsi fregare dal gelo e poi basta vederlo a primavera, tutti gli altri a farsi mantelli di fiori appena il giorno si allunga, lui no, attende. E lo fa fino a maggio, quando di sicuro nessun freddo può nuocere i suoi delicati e poco appariscenti fiori. Un albero da frutta indicato al nostro clima, anche se poi non sopporta facilmente le minime oltre i meno 18°C, comunque adatto al giardino oltre che per il frutteto famigliare. Il Kaki o Cachi o Diospiro o Loto…ma quanti nomi…, è di origine è orientale, anzi cinese, giapponese e coreano, per la precisione. Importato in Italia ai primi del ‘900, come pianta ornamentale, si è subito trovato bene, soprattutto nell’area campana, veneta e romagnola, dove tuttora esistono le coltivazione migliori. Nel giardino di campagna fa la sua bella figura, anzi non sfigura nemmeno accanto a piante di ben altro lignaggio. Nel giardino di un mio caro conoscente ve ne sono un paio di indubbia mole, come pochi se ne vedono nell’area cuneese, in compagnia di un sottobosco a ortensie e anemoni, spiree argute e un paio di Philadelpus (fiori d’angelo) dal delizioso profumo. I tronchi dei vetusti salgono perfetti per un tre metri sopra la macchia informale e poi si aprono a cupola verde scura, ombrosa e prolifica di succosi frutti, dolcissimi. Il bello di queste piante sta innanzitutto nella corteccia. Pare intarsiata, tanto è perfetta nelle screpolature e sfumature: più bella di qualsiasi altra pianta da frutto e di molte ornamentali belle solo per i fiori. La forma stessa della pianta, alla maturità, è un prodigio della natura: una chioma quasi perfettamente tonda di foglie verde scuro, lucide e grandi, nasconde una miriade di frutti grossi e pesanti simili alle arance, che colorano il giardino e piacciono agli uccelli oltre che agli uomini. Se non vengono colti, cince, merli, cesene e perfino i picchi si radunano a gozzovigliare nella dolcissima polpa fin dal primo mattino. Un Kaki in piena produzione può portare fino a 100-150 kg di frutti, quindi cogliendone la giusta quantità per la famiglia, amici e parenti, lasciatene un po’ anche per loro, i pennuti, che così immagazzineranno delle utili calorie per l’inverno che arriva. Temendo che il gelo possa danneggiarli, coglietene per tempo, e disponeteli a maturare in compagnia delle mele, altrimenti in casse lontano da esse se volete attendere ancora un po’ per gustarli. Comunque in ambiente protetto dal freddo, evitando di coglierli col picciolo che spesso fora la sottile buccia del frutto accanto, facendolo marcire. Se invece non avete ancora nel giardino una simile delizia (…ben maturi sono proprio cibo degli dei), piantatene un paio scegliendo tra quelle con fiori femminili (“Kaki tipo”), perché producono frutti più grossi e buoni, anche se astringenti e allappanti, quando non ben maturi. I frutti possono essere partenocarpici, quindi senza semi e, fatto interessante, sono più buoni di quelli con i semi. Se acquistate la o le piante in vivaio o sul mercato a radice nuda, evitate di “dimenticarle” appoggiate al muro, vanno prontamente messe a dimora in una buca abbastanza larga per accogliere anche qualche badilata di composto maturo. Richiedete sempre varietà innestate su Diospyros lotus, molto più resistente al freddo del Diospyros virginiana, oltretutto produttore di continui polloni e quindi più adatto al clima del sud.
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