Risveglia il selvaggio che è in te.
Se posso, quando posso preferisco utilizzare la mia lingua. Non ho niente contro l’inglese e non sono nemmeno così patriottico, ma se una parola sta bene in italiano non capisco proprio perché tradurla in inglese. Però faccio il medesimo ragionamento quando la parola che identifica chiaramente una cosa è ben espressa solo in inglese. E’ il caso di “meadow” ovvero il prato che sembra incolto, selvatico, ma in effetti è prodotto da una combinazione di graminacee ed erbacee perenni (anche annuali) miscelate tra di loro.
Dovrei chiamarlo prato “simil selvatico”, o “tipo selvaggio” ? Che brutto. Trovo che meadow sia perfetto, arriva immediatamente al dunque.
Il dunque è spesso un esperimento, un insieme più o meno ricercato, che ricorda una prateria o savana, ma con qualche fiore in più, un aspetto che rimanda a posti ampi e battuti dal vento, a volte falciati e a volte no, ma sempre e comunque deve richiedere poche cure.
Fare un meadow partendo da zero richiede un notevole numero di piante, ameno ché si proceda con una semine di graminacee selvatiche, tipo prato molto rustico, in cui si vanno ad inserire specie e varietà di erbacee perenni estremamente robuste e alte al massimo 60-80 cm. Personalmente con le graminacee accosto volentieri il giallo, l’arancio, il salmone, l’azzurro e il bianco. Qua e là non disdegno un po’ di rosso antico ma i rossi più vivaci li preferisco in altri contesti. Erbacee che si possono inserire senza troppi patemi d’animo sono tutte le achillea (tralasciando però quelle più alte come la filipendulina), le echinacea e le loro parenti le rudbeckia, alcune Lychnis, il Centranthus ruber, le Astrantia major, il Catananche caerulea, il Teucrium hircanicum…e ovviamente le bulbose che andranno in fiore prima di tutte all’inizio della stagione.
Se invece il campo in questione, il prato, è già presente e sufficientemente “selvatico”, bisogna entrarci in punta di piedi, cercando di non stravolgere tutto e tutti come un elefante in una cristalleria. In primavera, al momento della prima fioritura andrà “mappato” il potenziale di fiori selvatici presenti. Infatti lì in mezzo, tra quelle gramigne si sviluppano solitamente dei Leucanthemum, belle margeritone bianche, dei Lychnis flos-cuculi, fiordalisi, scabiose, papaveri. Questi andranno considerati alla stregua delle più belle erbacee perenni, ma con vantaggi evidenti: non costano nulla e sono iper-resistenti. A questo punto dobbiamo solo eseguire un taglio del prato più accorto, formando così una serie di sentieri naturali di erba rasata. Le graminacee come le festuche, le molinia, i nardus, i carici, le phalaris ecc sono invece s’infilano dovunque e rappresentano la base su cui lavorare. A tutto questo si aggiungono come nella prima ipotesi le erbacee perenni ornamentali.
Il risultato sarà un luogo semi selvaggio dove però appare il delicato tocco della mano dell’uomo. Non è il caos o il disordine ma solo un giardino che sa difendersi benissimo dalla siccità come da altri estremi del meteo, dove le piante più volenterose prevarranno su altre in una evoluzione equilibrata e naturale del contesto.
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