Dopo “Fate o Streghe” oggi vado ad indagare altri giardini che sembrano l’opposto uno dell’altro.
Appartenere a luoghi dove vige la regola, l’equilibrio, la preghiera e il rispetto per la tradizione cristiana o abbandonarsi alle lusinghe della bellezza di piante e fiori (e altro) nella convinzione che la libertà, la mancanza di dogmi e il proprio istinto estetico e null’altro possono rendere il nostro spazio felice ?
Sembra una scelta fin troppo ovvia per molti di noi, ma non è proprio così, come sempre gli elementi stilistici possono prendersi in prestito, adattarsi e trovare nuova vita, anche al di fuori della categoria alla quale comunemente vengono indicati. Come sempre io mi auspico che ciò accada, adoro le mescolanze, le ibridazioni o se vogliamo le implicazioni, i disturbi…tutto ciò che non renda perfettino lo stile; ma questo è un’altro discorso..
Il giardino Conventuale
Il giardino conventuale è un luogo dove il lavoro ha la stessa importanza e valenza della preghiera. È un giardino assolutamente ritmico, dove le forme austere e simmetriche non distraggono la preghiera ma anzi l’aiutano. La forma è quella della croce (inizialmente a croce greca): i 4 fiumi biblici, generati da una sola sorgente sacra, rappresentano il Paradiso. Il centro è quasi sempre rappresentato dall’albero della “vita e della morte” ovvero l’arbor vitae. Questi è un melograno, un bosso, un olivo, oppure l’albero da cui era stata ricavata la croce di Cristo: una quercia, un pioppo o un agrifoglio. Il centro può essere anche una aiuola a forma ottagonale, come la pianta dei battisteri, simbolo di rigenerazione spirituale.
Le piante e i fiori hanno spesso una doppia funzione: estetica ma soprattutto curativa, officinale. Nei giardini monastici si sviluppa certamente l’arte medica, grazie alla possibilità di avere un’ampia gamma di piante adatte a risolvere piccoli e grandi problemi di salute. Gli speziali erano spesso monaci e non mancano le erboristerie/farmacie annesse, anche a disposizione dell’intera comunità. Piante officinali o ritenute di valore medico erano accudite e tenute in grande considerazione, così come molti frutti poco convenzionali per la l’area e magari favoriti dalla chiusura dentro mura, per esempio gli agrumi.
Una regola non scritta prevedeva che i fiori erano preferiti se privi di tonalità accese come il rosso o il giallo, mentre il bianco e l’azzurro, i colori della Madonna, avevano più spazio e in certi conventi gli unici ad essere coltivati.
Il giardino profano
Il giardino che definisco “profano” lo possiamo identificare anche come giardino “stile libero”. Non è vincolato ad uno stile preciso ma li comprende tutti e nessuno. E’ il tipo di giardino che può dare le più grandi soddisfazioni ma anche le più cocenti sconfitte. E’ anche il giardino sperimentale per antonomasia, adatto ai propri tentativi, prove, esperimenti appunto. Un giardino ideale per il collezionista: peonie, erbacee perenni, sassifraghe, ellebori, graminacee ornamentali, aromatiche, ecc ecc, tutte accavallate e mescolate, senza troppa cura per forme, dimensioni, colori e men che meno senza cercare una armonia d’insieme e nemmeno un ritmo o una progressione che giunga a vertici di esaltazione. Tutto ciò, in genere, è lasciato al caso, al piacere del momento. Senza alcun rigore, alla ricerca di un posto definitivo le piante “vagano” seguendo l’istinto, i consigli, alcune letture, a volte la moda, a volte un’innamoramento o un’infatuazione avuta nell’ultima mostra giardino, percorrendo un viottolo di Barcellona Pozzo di Gotto come a Courmayeur, avendo tanta e troppa fiducia nelle capacità adattative delle piante. Nel giardino profano i costi di piante, viaggi e oggetti, spesso superano quelli di qualsiasi altro giardino. Nel “giardino libero” non vi è certamente nessuna ricerca simbolica e neppure comunione con l’architettura dell’abitazione…quasi mai.
A volte però dal caos e dal caso (qui molto vicini) nascono gioielli, qualcuno mi è capitato di vederlo. Luoghi che magicamente portano con se una musicalità che sa tanto di Blues. Il blues infatti ha come caratteristica principale le cosiddette blue note, ovvero un intervallo di “quinta diminuita” che l’armonia classica considera dissonante e che in Italia valse al blues il nomignolo di musica stonata, ma estremamente intrigante e piacevole all’orecchio, perfino ipnotica.