Anime da Giardino

Ecco dov’ero finito…

Ero a scrivere un libro. Poi ero a disegnare giardini certamente, a fotografare la mia amata natura selvaggia, ma certamente ero a scrivere, e la stesura e pubblicazione di questo libro mi ha assorbito in questo ultimo anno e mezzo. Quindi mi scuso per l’assenza e per non aver pubblicato nulla sul mio blog ma non sono finito in Africa e quando prendo a cuore un progetto lo porto solitamente fino in fondo.

Anime da Giardino, il titolo di quest’ultima sognata, desiderata fatica. Ho voluto da molto tempo dedicare un libro alle anime belle che nel giardino si perdono (e si ritrovano), a coloro che grazie al proprio angolo di terra provano vicinanza con la natura, desiderio del bello, buone sensazioni, infine benessere, sia fisico che psichico. Giardinieri loro malgrado perché nella settimana lavorano in ufficio o corrono dietro alla famiglia, vanno a scuola o sono artigiani nelle mille belle attività che supportano questa complicata economia italiana. A tutti loro insomma, che non vedono l’ora di ficcare le mani nella terra, piantare, zappare, raccogliere, potare ecc…a loro dedico il libro. Oltre che alla mia Nonna Maria, che grazie a Lei ho avuto l’imprinting verso il bellissimo mondo delle piante e dei fiori.

Anime da Giardino è anche un viaggio, in quella magnifica storia che dai giardini antichi giunge a noi sotto forma di passione. O meglio mi sono posto una domanda: …ma questa passione, anche romantica, sognante, verso il giardino, da dove giunge? dov’è che si è formata nella storia? dove è iniziato tutto? Non mi dilungo e spero vivamente che Anime da Giardino sia di vostro gradimento.

Allego una intervista fattami da Cristina Nadotti per Green&Blue – La Repubblica, a fine estate. quì ho riassunto alcuni passaggi importanti del mio libro.

Maurizio Zarpellon lo dice con quella voce pacata che fa pensare alla contemplazione di un bel giardino profumato, capace di parlare alla mente e al cuore, ma si sente che quanto afferma è più di una constatazione, è il rivendicare un ruolo: “Il giardiniere professionale sarà sempre più il guerriero in prima fila che dovrà battersi per contrastare il cambio climatico, perché ha i mezzi per portarci a condizioni almeno accettabili sui nostri piccoli pezzi di terra”.

È anche su riflessioni intorno alla nuova sensibilità ambientale che ruota il suo libro Anime da giardino (Gribaudo, euro 16,90) “un viaggio nel giardino della passione e del sentimento”. Il testo del garden designer Zarpellon sta bene sul comodino come quelli di poesia, da riprendere in mano di tanto in tanto, come su un tavolaccio all’aperto, usato come manuale d’istruzioni.

Zarpellon, si sbaglia a definire il suo libro anche un inno alla passione di stampa romanticista?

“Di sicuro c’è molto dell’idea romantica del giardino e su quanto nel mio ambito  la passione stia venendo a mancare nel panorama nazionale. Lo faccio presente fin dall’inizio quando spiego come ha influito il Romanticismo nel 700 e 800 e come poi si sia passati al giardino paesaggistico. Il giardino romantico puntava alla declinazione dell’animo umano, a suscitare lo stupore di fronte alle grandi manifestazioni della natura. Poi, tutto questo si è spento sull’onda del consumismo, ma ora torna l’esigenza insita nell’animo umano di riprendere le redini di questo romanticismo. Da questo punto di vista la tendenza a proteggere l’ambiente e favorire la biodiversità ha un ruolo fondamentale”.

Sostenibilità è ormai termine chiave, come non fargli perdere sostanza nel parlare di giardini?

“Concetti come ‘sostenibilità’ e ‘biodiversità’ sono spesso abusati, mi spiace dirlo, anche dai media, ma soprattutto dalla politica. Quando si vedono politici che infarciscono i loro discorsi di parole come sostenibilità e biodiversità si coglie subito che qualcosa non funziona. Non che questi termini debbano essere appannaggio esclusivo di alcuni, ma se una parola è troppo usata e abusata vuol dire che è di moda. E come tutte le mode rischia di diventare passeggera”

Ha le stesse perplessità quando sente parlare di piantare miliardi di alberi?

“Mettere a dimora nuovi alberi ritengo sia un dovere per chiunque ha disponibilità e spazio: è la migliore operazione umanitaria che si possa fare,  perché non è solo rivolta a preservare la natura, è una grande occasione che se l’uomo perde ora condurrà al disastro. Gli alberi sono una macchina naturale messa a disposizione dalla terra e se sapremo vedere la sua straordinaria funzione ci aiuteranno a scampare, almeno per ora, dalla catastrofe. Però dobbiamo piantare alberi in maniera oculata: a chi ha spazio consiglio di mettere sempre degli alberi, anche perché in cambio ci danno tantissimo, compresa la possibilità di incidere davvero sulla biodiversità”.

Per questo suggerisce alle sue ‘anime da giardino’ di piantare un po’ di tutto?

“Devo fare una premessa: nella storia si è sempre assistito a cambi di stile, mai immediati, con passaggi lievi, sfumati, derivati dai mutamenti della società, variazioni che sono andate di pari passo con il cambiamento dell’uomo. In questo momento è in atto un cambio di stile, ma l’idea dominante che abbiamo sotto gli occhi è un minestrone, che finora si è avvalso soprattutto di piante ornamentali. La svolta necessaria è capire che tutto ciò che andiamo a fare in un giardino dovrebbe essere integrato da piante utili per noi stessi, per la tavola e per l’ambiente. Dalla pianta più piccola alla più grande sarebbe il momento di capire che ogni giardino è un pezzettino di paesaggio e un’opportunità per incidere sulla biodiversità. Un volo sulla Pianura Padana oggi mostrerebbe un patchwork, mentre su un paesaggio inglese coglierebbe più uniformità, questo perché noi rispecchiamo il pensiero mediterraneo. Ora, se noi capiamo che riaffermando questa eterogeneità e pure agendo su una minima porzione di terreno possiamo incidere sul macro paesaggio, potremo fare moltissimo per l’ambiente. Come sempre, cambiando piccole abitudini nel piccolo appezzamento che è il giardino, l’orto o il frutteto, si starà facendo una grande opera nell’insieme”.

Ha ribadito l’importanza di staccarsi dal concetto di giardino ornamentale, eppure nel suo libro dedica ampio spazio a tre fiori come rose, ortensie e peonie. Perché?

“Non possiamo dimenticare che il compito principale del giardino è donarci bellezza. Nel libro analizzo quali piante nella storia ultima hanno inciso a livello macroscopico sull’intera giardineria e per questo ho scelto questi tre fiori, che

nel giardino moderno, fatto di un insieme di situazioni, entrano a buon diritto”.

Ma il cambio climatico non ci obbligherà ad abbandonare certe piante?

“Purtroppo sì, e infatti non possiamo transigere dal progettare tenendo conto di queste tematiche e in modo tale da adattarci al mutamento. Si studia moltissimo e si sperimenta nel campo dell’ibridazione per selezionare linee di sangue capaci di adattarsi a climi diversi. I tre fiori che ho citato possono trovare impiego anche grazie al fatto che sono state sviluppate migliaia di varietà e temperamenti differenti, soprattutto per la rosa”.

Nonostante questo ci sono piante che spariranno dai nostri giardini e dal nostro paesaggio?

“Sono amante delle betulle, ma vedo che in questi quattro, cinque anni sono in sofferenza in località dove erano fiorenti e comuni, è un sintomo evidente e drammatico di quanto sta succedendo. Un altro esempio è l’abete, che nella fascia alpina è una conifera diffusa, per la quale nessuno si pone il problema. Eppure, in alcune vallate alpine gli abeti sono a serio rischio per gli eventi climatici estremi, le tempeste di vento su tutti. Quando c’è stata la tempesta di Vaia tutti si sono concentrati su quanto accaduto in Trentino, ma lo stesso evento ha danneggiato moltissimi alberi anche in Piemonte e risalito parecchie vallate con moltissimi danni ancora visibili. Di sicuro certe piante sono da mettere in discussione: se devo mettere un abete vicino a un’abitazione valuto con attenzione se è opportuno”.

Da giardiniere si sente insomma custode di bellezza e ‘medico dell’ambiente’?

“Ho a cuore la causa del giardiniere: chi fa questo mestiere in modo professionale è un tecnico di cui c’è enorme bisogno. Nel nostro ambito negli ultimi dieci anni si è cambiato moltissimo, siamo diventati cruciali per riportare non solo bellezza, ma salute sul territorio. Faccio un esempio: sto lavorando alla trasformazione di un parcheggio in un giardino, un posto inquinatissimo a cui faremo l’elettroshock per riportarlo in vita, restituendo al suolo microorganismi e flora batterica che si erano estinti. Grazie al sovescio, che usa piante capaci di apportare determinati elementi, riusciremo a rigenerare il terreno. I giardinieri ti sanno consigliare quali frutti coltivare senza trattamenti chimici, un altro passo indispensabile da fare. In questo campo c’è fermento e ricerca continua, tutta una generazione di nuovi vivaisti che si dedicano a queste tematiche e che potranno davvero fare la differenza”.